Bomba fiscale 2026: Il taglio irpef è per i redditi medi. Scopri quanto guadagni in più se il tuo stipendio arriva a 60.000€

Nella prossima Manovra si prepara un nuovo intervento fiscale: ecco chi risparmierà davvero.

Il 2026 sarà l’anno della nuova riforma IRPEF, un intervento che il Governo intende inserire nella prossima Legge di Bilancio per ridurre il peso delle imposte sui redditi medio-alti. L’obiettivo è chiaro: semplificare il sistema fiscale e aumentare il reddito netto in busta paga, mantenendo però l’equilibrio dei conti pubblici.

Il Governo prepara la riforma IRPEF: cosa cambierà dal 2026

Secondo le anticipazioni, il taglio dell’IRPEF 2026 interesserà in particolare i contribuenti con redditi fino a 60.000 euro, fascia che comprende la maggior parte dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e dei liberi professionisti con partita IVA. L’idea alla base è quella di ridurre le aliquote o rimodulare gli scaglioni in modo da distribuire in modo più equo il carico fiscale.
Attualmente, l’IRPEF è articolata su quattro scaglioni principali, ma dal 2026 potrebbe tornare a tre. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze sta valutando la possibilità di fondere le prime due aliquote (oggi al 23% e al 25%) e di abbassare leggermente la terza, che riguarda i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro.
Questo intervento, se confermato, comporterebbe un risparmio medio tra i 600 e i 900 euro l’anno per i redditi fino a 50.000 euro, mentre per chi supera i 55.000 euro il beneficio si ridurrebbe progressivamente. L’obiettivo dichiarato è duplice: sostenere la classe media e stimolare i consumi, in un contesto economico che continua a risentire dei rincari e della contrazione del potere d’acquisto.
La riforma, tuttavia, dovrà fare i conti con la sostenibilità finanziaria. Il Governo stima un costo complessivo di circa 6 miliardi di euro, che dovranno essere coperti in parte dalla revisione delle agevolazioni fiscali e in parte dal recupero dell’evasione.

Chi guadagna fino a 60.000 euro: simulazioni e vantaggi reali

La platea dei beneficiari del taglio IRPEF 2026 sarà ampia, ma non tutti riceveranno lo stesso vantaggio. In base alle simulazioni elaborate dal Ministero, i risparmi più evidenti saranno concentrati nella fascia compresa tra 20.000 e 45.000 euro, dove si colloca la maggior parte dei redditi da lavoro dipendente.
Un dipendente con reddito annuo di 30.000 euro risparmierebbe circa 700 euro l’anno, mentre chi guadagna 40.000 euro potrebbe ottenere un beneficio di circa 850 euro. Anche i pensionati con assegni medi riceveranno un piccolo aumento del netto mensile, stimato in circa 40-50 euro al mese.
Chi invece supera i 60.000 euro lordi annui non dovrebbe ricevere vantaggi significativi, poiché la riforma si concentra sulla fascia intermedia della popolazione. In sostanza, l’intento del Governo è sostenere la classe media, quella più colpita dall’inflazione e dalla perdita di potere d’acquisto, senza però concedere vantaggi fiscali ai redditi più alti.
Secondo fonti del MEF, si valuta anche la possibilità di introdurre un meccanismo di “clausola di salvaguardia”, per evitare che chi si trova ai limiti tra due scaglioni finisca per pagare più tasse del previsto.
Le prime simulazioni indicano che il beneficio fiscale sarà più evidente nelle buste paga di giugno e dicembre 2026, quando i datori di lavoro conguaglieranno le nuove aliquote. Un impatto concreto e graduale, destinato a riflettersi anche sui consumi natalizi e sul clima di fiducia dei contribuenti.

Perché il taglio IRPEF è cruciale per l’economia

La riduzione dell’IRPEF non è solo una misura fiscale: rappresenta una scelta politica ed economica strategica. Il Governo punta a innescare un circolo virtuoso tra riduzione delle tasse, aumento del reddito disponibile e rilancio dei consumi interni.
Negli ultimi anni, il potere d’acquisto delle famiglie italiane è diminuito di oltre il 12%, complice l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse sui mutui. In questo contesto, restituire liquidità diretta nelle buste paga può servire a stimolare la domanda interna, sostenendo le piccole imprese e i settori commerciali più colpiti.
Il taglio IRPEF, tuttavia, dovrà essere accompagnato da una semplificazione delle detrazioni fiscali. Oggi in Italia ne esistono oltre 600, con un costo complessivo superiore ai 70 miliardi di euro. L’intenzione è quella di ridurre il numero di agevolazioni, accorpando quelle minori e semplificando le procedure di dichiarazione dei redditi.
Una parte del risparmio derivante da questa “razionalizzazione” servirà proprio a finanziare il nuovo taglio delle aliquote IRPEF, rendendo la misura sostenibile nel lungo periodo.
Il Ministro dell’Economia ha ribadito che la riforma sarà costruita “nel rispetto della sostenibilità dei conti pubblici”, e che l’obiettivo è “un sistema fiscale più equo e trasparente, in cui chi guadagna di più contribuisce di più, ma senza penalizzare i ceti medi”.
Si tratta di un passo importante anche in chiave europea. L’Italia, con un’aliquota marginale del 43%, è tra i Paesi con la pressione fiscale più alta d’Europa. Un intervento calibrato potrebbe riportare competitività e fiducia nel sistema.

Le prospettive per il futuro e i nodi ancora aperti

Nonostante l’entusiasmo, la riforma IRPEF 2026 non sarà semplice da attuare. Restano ancora diversi nodi aperti, a partire dalla copertura finanziaria. Il costo stimato di 6 miliardi potrebbe salire a 8 nel caso in cui le detrazioni non venissero razionalizzate come previsto. Inoltre, bisognerà capire come evitare che la misura favorisca solo i lavoratori dipendenti, escludendo partite IVA e autonomi con redditi simili.
Per questo il Governo sta valutando anche un pacchetto parallelo di correttivi per i professionisti, con una possibile estensione della flat tax incrementale o l’introduzione di nuovi crediti d’imposta legati ai redditi familiari.
Un’altra questione riguarda l’interazione tra IRPEF e bonus sociali. Alcuni benefici, come il bonus bollette o il bonus affitto, sono legati all’ISEE e rischiano di ridursi automaticamente per chi riceverà un reddito netto più alto. Per evitare effetti distorsivi, si prevede di aggiornare anche le soglie di accesso alle agevolazioni sociali.
Nel complesso, la direzione intrapresa dal Governo è chiara: spostare il baricentro della politica fiscale verso un sistema più semplice e meno oppressivo. Il taglio IRPEF 2026 rappresenta un primo passo in questa direzione, ma per essere efficace dovrà essere accompagnato da una vera riforma della spesa pubblica e da un impegno concreto nella lotta all’evasione fiscale.
Se le previsioni saranno confermate, i primi effetti del taglio si vedranno già a partire da gennaio 2026, con le nuove aliquote applicate direttamente in busta paga. Per milioni di italiani, potrebbe essere il segnale tanto atteso di una ripresa reale del potere d’acquisto, capace di dare fiducia e stabilità dopo anni di incertezza economica.
Per ora, però, il disegno resta sulla carta. Serviranno numeri, coperture e coraggio politico per trasformare le promesse in realtà. Ma se il piano dovesse andare in porto, il taglio IRPEF 2026 potrebbe segnare un punto di svolta per la classe media italiana, restituendo ossigeno ai salari e nuova linfa ai consumi.