L’Agenzia delle Entrate mantiene un’attività di controllo continua sulle dichiarazioni dei redditi, tanto che ricevere una comunicazione di irregolarità o un invito al pagamento non è fuori dall’ordinario, anche a distanza di anni dalla presentazione. Con il passare del tempo, però, si pone un limite oltre il quale il Fisco non può più intervenire: un confine temporale che delimita la durata dei controlli e degli accertamenti fiscali. Questa garanzia è fondamentale per i contribuenti, sempre più spesso preoccupati di ricevere notifiche inattese riferite ad annualità passate.
Quando scattano i controlli e qual è la loro natura
Le verifiche dell’Agenzia delle Entrate sulle dichiarazioni dei redditi si dividono in due categorie principali: i controlli automatici o formali e i controlli sostanziali. I primi riguardano correzioni rapide basate su discrepanze facilmente identificabili, come modelli incompleti o errori materiali, e avvengono subito dopo la presentazione. I secondi, invece, sono più approfonditi e si attivano quando emergono differenze significative tra quanto dichiarato e la documentazione in possesso del Fisco, come modifiche nell’imponibile o crediti d’imposta superiori ai 4.000 euro. Nonostante l’Agenzia delle Entrate abbia sempre la facoltà di controllare le dichiarazioni, questo potere è limitato nel tempo e sottoposto a precise regole di prescrizione. I controlli sostanziali, ovvero gli accertamenti completi che possono portare a richieste di pagamento o sanzioni, sono soggetti a un termine non oltre il quale non si possono più effettuare verifiche su una determinata annualità fiscale.
I limiti temporali per i controlli del fisco
Il rischio di ricevere notifiche di debito o avvisi di accertamento si estende generalmente per un periodo di sei anni, calcolati non dall’anno in cui viene presentata la dichiarazione, ma dall’anno successivo a quello di imposta. Ad esempio, per la dichiarazione relativa al 2018, presentata nel 2019, il termine di prescrizione parte dal 1° gennaio 2020 e si chiude al 31 dicembre 2025. Durante questo intervallo, il Fisco può avviare verifiche, inviare comunicazioni e chiedere eventuali conguagli. Va precisato che anche un’azione formale, come la spedizione di un avviso di accertamento in corso, può sospendere o prorogare la scadenza dei termini, prolungando così la possibilità di intervento da parte dell’Agenzia delle Entrate. Trascorsi i sei anni senza alcuna attività di controllo, invece, la dichiarazione si considera definitiva, e non può più essere oggetto di accertamenti, anche in presenza di errori o omissioni.
Casi particolari e differenze tra i vari tipi di controllo
I controlli automatici e formali, svolti rapidamente dopo la presentazione della dichiarazione, seguono tempi più brevi e non sono soggetti alla prescrizione decennale o seienne relativa agli accertamenti sostanziali. Per contro, qualora il contribuente non presenti affatto la dichiarazione per un singolo anno, i termini per l’accertamento si estendono fino a sette anni. Nel nostro esempio, se la dichiarazione relativa al 2018 non fosse stata presentata, il Fisco può intervenire fino al termine del 2026. Questa estensione si giustifica con la maggiore complessità di accertare redditi non dichiarati, lasciando all’Agenzia più tempo per svolgere le indagini necessarie e notificare gli eventuali importi dovuti. Per i contribuenti è importante tenere a mente queste scadenze, che definiscono un confine netto oltre il quale si interrompe l’attività di verifica fiscale, a tutela della certezza del diritto e della serenità economica dopo la dichiarazione dei redditi.