Dal 2026 entrerà in vigore un nuovo sistema di monitoraggio delle criptovalute gestito dall’Agenzia delle Entrate. Obiettivo: contrastare evasione e riciclaggio attraverso controlli automatici e sanzioni mirate.
A partire dal 1° gennaio 2026, l’Agenzia delle Entrate potrà monitorare in modo diretto i movimenti di criptovalute e altri asset digitali detenuti da cittadini e imprese italiane. È il risultato di un piano di adeguamento normativo che recepisce la direttiva europea DAC8, approvata lo scorso anno, e che introduce nuovi obblighi di comunicazione per piattaforme, exchange e intermediari. L’obiettivo è ridurre l’uso delle valute digitali per fini evasivi o per il trasferimento occulto di capitali all’estero, rendendo tracciabili tutte le operazioni, anche quelle effettuate su piattaforme estere.
Come funzionerà il nuovo sistema di tracciamento
Il sistema, gestito congiuntamente dall’Agenzia delle Entrate e dall’Unità di informazione finanziaria (UIF), prevede la creazione di una banca dati unica dedicata alle criptovalute. Ogni operatore di mercato – dalle piattaforme di scambio ai wallet provider – dovrà comunicare periodicamente l’identità dei propri utenti, i saldi dei portafogli digitali e il valore complessivo delle transazioni.
Gli exchange con sede in Italia o che operano sul territorio nazionale dovranno iscriversi a un registro ufficiale e inviare i dati fiscali con cadenza trimestrale. Le informazioni confluiranno nel sistema informativo dell’Agenzia, che potrà così verificare la coerenza tra le dichiarazioni dei redditi e i movimenti digitali.
Le transazioni in Bitcoin, Ethereum o altre criptovalute saranno quindi sottoposte a un controllo analogo a quello dei conti correnti tradizionali. I dati raccolti potranno essere utilizzati per individuare anomalie e avviare accertamenti fiscali automatizzati.
Il tracciamento sarà reso possibile anche da un nuovo codice identificativo per i wallet personali, che verrà collegato al codice fiscale dell’utente. Ciò consentirà al Fisco di ricostruire la provenienza dei fondi e l’eventuale plusvalenza ottenuta da operazioni di compravendita.
Il Ministero dell’Economia ha spiegato che il sistema si basa su algoritmi di incrocio dei dati in grado di segnalare automaticamente comportamenti sospetti. Saranno privilegiati i controlli su operazioni di importo elevato o ripetuto, tipiche dei flussi speculativi o di riciclaggio.
Le sanzioni previste per chi non dichiara le criptovalute
Dal 2026, chi non comunicherà correttamente i propri asset digitali al Fisco potrà incorrere in sanzioni fino al 30% dell’importo non dichiarato, oltre al pagamento delle imposte dovute sulle plusvalenze. La misura si applicherà a tutte le persone fisiche e giuridiche che detengono criptovalute superiori a 2.000 euro di valore medio annuo, comprese quelle conservate su piattaforme estere.
Le nuove regole rendono obbligatoria la dichiarazione delle criptovalute nel quadro RW della dichiarazione dei redditi, già a partire dal periodo d’imposta 2025. Chi ometterà tale comunicazione rischia anche l’accertamento per evasione fiscale, con l’applicazione delle sanzioni penali previste dal decreto legislativo 74/2000.
Gli exchange dovranno conservare per almeno dieci anni i registri delle operazioni effettuate dai clienti, garantendo al Fisco un accesso immediato in caso di indagini. Le piattaforme che non rispetteranno gli obblighi di comunicazione potranno essere sospese o radiate dal registro nazionale.
Secondo i primi dati diffusi da Banca d’Italia, in Italia operano circa 1,2 milioni di utenti attivi nel mercato delle criptovalute, con un valore medio di portafoglio di 5.000 euro. L’introduzione del tracciamento mira a garantire un gettito stabile e a ridurre le operazioni opache che finora sfuggivano al controllo delle autorità fiscali.
Perché il Fisco punta sulle criptovalute e cosa cambia per i contribuenti
La decisione di rendere tracciabili le criptovalute rientra in una strategia più ampia di digitalizzazione del sistema fiscale. Con l’espansione del mercato cripto e l’aumento delle transazioni internazionali, il rischio di elusione e occultamento dei profitti è cresciuto in modo significativo.
Il Fisco italiano, già in possesso di banche dati integrate su conti correnti, carte di credito e bonifici, potrà così estendere i controlli anche agli strumenti digitali. Non si tratta solo di una misura repressiva, ma anche di uno strumento di trasparenza: gli utenti potranno regolarizzare la propria posizione attraverso il pagamento dell’imposta sostitutiva del 26% sulle plusvalenze realizzate.
Molti esperti di diritto tributario sottolineano che l’Italia si allinea finalmente alle principali economie europee, dove la tracciabilità delle criptovalute è già operativa. Il nuovo sistema, se ben gestito, potrebbe anche aumentare la fiducia degli investitori e contribuire alla stabilità del mercato, oggi spesso caratterizzato da fluttuazioni e scarsa regolamentazione.
Resta da capire come verranno gestite le transazioni decentralizzate, che non passano per intermediari registrati. Per questi casi, l’Agenzia sta valutando l’introduzione di software di analisi blockchain per identificare le operazioni anonime e ricondurle ai titolari effettivi.
Il 2026 segnerà quindi un cambio di passo storico: le criptovalute, fino a oggi considerate terreno “libero”, entreranno a pieno titolo nel radar del Fisco italiano.