Non perdere la tua casa per i debiti. La mossa geniale del governo: Scopri il limite di valore che i creditori non possono più superare

Una svolta importante per chi ha debiti con il Fisco: cambia la soglia per il pignoramento della prima casa, che passa da 120mila a 180mila euro. Una novità che offre più tempo e strumenti per difendersi e rimettersi in regola.

La paura del pignoramento e la svolta normativa

Il pignoramento della prima casa è sempre stato uno degli spettri più temuti per chi si trova in difficoltà economiche. Per molti italiani, l’abitazione principale rappresenta il cuore della vita familiare, il frutto di anni di sacrifici e mutui. Perdere la propria casa a causa di debiti con il Fisco è un trauma che, fino a poco tempo fa, poteva colpire chiunque superasse determinati importi di morosità.

Dal 2025 però la situazione è cambiata. Con un intervento legislativo atteso da anni, è stata alzata la soglia economica che determina l’esproprio della prima abitazione. Non più 120mila euro, ma 180mila euro: una differenza che, per molti cittadini, può significare la salvezza della propria casa.

Il governo ha giustificato la decisione come un atto di buon senso, nato dall’aumento del costo della vita, del valore degli immobili e delle difficoltà post-pandemia. Oggi la priorità è dare respiro ai debitori che, pur trovandosi in difficoltà, dimostrano la volontà di rientrare nei propri obblighi con l’erario.

Chi è davvero protetto e in quali casi

La riforma però non vale per tutti. La nuova soglia di protezione riguarda esclusivamente la prima casa del debitore, a condizione che l’immobile non rientri nelle categorie di lusso (A1, A8, A9) e che il contribuente vi risieda anagraficamente. Chi possiede seconde abitazioni, immobili ereditati o terreni non può beneficiare della protezione.

Per rientrare nella tutela, il valore dell’immobile – calcolato secondo il catasto aggiornato – deve risultare inferiore a 180mila euro. Inoltre, il debito deve riguardare imposte o tributi erariali, non prestiti bancari o debiti privati. Questo significa che, ad esempio, un mutuo non pagato può comunque portare al pignoramento, ma solo da parte della banca creditrice e non del Fisco.

La norma prevede anche che la casa sia l’unico immobile posseduto dal debitore. In caso contrario, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può procedere comunque con l’esecuzione forzata, purché siano rispettati i requisiti previsti dal codice civile.

Il preavviso obbligatorio e le opportunità di rateizzazione

Un altro punto chiave della riforma è l’introduzione di un preavviso obbligatorio di 180 giorni. Questo significa che il Fisco deve comunicare al contribuente, con almeno sei mesi di anticipo, l’intenzione di procedere al pignoramento. Durante questo periodo, il debitore può agire in diversi modi: chiedere una rateizzazione del debito, proporre un piano di rientro o avviare una trattativa diretta con l’Agenzia delle Entrate.

È una novità che cambia radicalmente l’approccio del sistema di riscossione. Se prima molti cittadini si trovavano all’improvviso con un atto esecutivo sulla casa, ora hanno la possibilità concreta di evitare la perdita dell’immobile. Il periodo di 180 giorni, infatti, consente anche di valutare una rottamazione straordinaria o di ricorrere a un avvocato tributarista per presentare opposizione.

Questo margine di tempo non è solo una garanzia legale, ma un’opportunità sociale. In molti casi, permette alle famiglie di trovare soluzioni alternative, vendere volontariamente altri beni o rinegoziare i debiti. Lo Stato punta così a recuperare i crediti senza distruggere la stabilità domestica delle persone coinvolte.

Cosa fare se si è in difficoltà e come difendersi

Chi teme di essere a rischio pignoramento deve agire in modo tempestivo. Il primo passo è verificare il valore catastale della casa e confrontarlo con la nuova soglia. È utile anche controllare l’estratto conto debitorio presso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, per capire esattamente a quanto ammontano le somme dovute.

Se si riceve una comunicazione di preavviso, non bisogna ignorarla. Entro i 180 giorni è possibile presentare richiesta di rateizzazione, fino a un massimo di 72 rate mensili, oppure proporre un accordo di saldo e stralcio. Chi dimostra di essere in reale difficoltà economica può anche chiedere la sospensione temporanea dell’azione esecutiva.

Un altro elemento importante è la trasparenza: conservare tutte le comunicazioni, le ricevute dei pagamenti e gli eventuali atti notificati. In caso di errori procedurali – ad esempio mancanza di preavviso o notifica incompleta – l’intero procedimento può essere annullato.

In sintesi, la nuova soglia dei 180mila euro rappresenta un segnale di civiltà fiscale. Protegge chi, pur in debito con lo Stato, merita una seconda possibilità. Ma allo stesso tempo impone responsabilità: solo chi agisce per tempo e con correttezza potrà davvero salvare la propria casa.