Tredicesima 2025: La mazzata è servita. Niente bonus, niente detassazione: Scopri la verità shock che taglia il tuo stipendio di natale

Delusione per i lavoratori: nessun aiuto fiscale sulla tredicesima, ma il Governo promette una revisione nel 2026.

La tredicesima 2025 arriva senza buone notizie per milioni di lavoratori italiani. Dopo mesi di discussioni, il Governo ha confermato che non ci sarà alcuna detassazionebonus natalizio sulla mensilità aggiuntiva di dicembre. Ciò significa che la tredicesima sarà tassata integralmente, come qualsiasi altro reddito da lavoro dipendente.

Tredicesima 2025 senza agevolazioni: cosa succede e perché cambia tutto

L’assenza di un intervento mirato pesa in un momento in cui le famiglie fanno i conti con inflazione elevata, rincari su bollette e spese di fine anno. Per molti, la tredicesima rappresenta da sempre una boccata d’ossigeno, utile per pagare le rate, organizzare le feste o mettere da parte qualcosa per le vacanze natalizie. Eppure, nel 2025, l’importo netto sarà identico a quello degli anni precedenti, senza alcun vantaggio aggiuntivo.
Le speranze di un bonus tredicesima erano state alimentate già nel 2024, quando il viceministro dell’Economia Maurizio Leo aveva lasciato intendere la possibilità di un intervento fiscale che mettesse più soldi nelle tasche dei lavoratori. Tuttavia, le risorse limitate e la necessità di finanziare altre priorità hanno spinto il Governo a rinviare tutto al 2026.
La decisione lascia l’amaro in bocca soprattutto a chi sperava in una misura strutturale di sostegno ai redditi medio-bassi, visto che il carico fiscale sulla mensilità di dicembre è sempre stato più alto del normale. E proprio su questo punto si concentra la critica dei sindacati, che chiedono da anni una revisione complessiva del trattamento fiscale della tredicesima.

Perché il bonus tredicesima non è stato approvato

Per capire le ragioni di questa scelta bisogna guardare ai conti pubblici. La manovra economica 2025 è stata costruita in un contesto complesso, con margini di bilancio molto stretti. Gran parte delle risorse disponibili è stata destinata alla conferma del taglio del cuneo fiscale, all’aumento delle pensioni minime e al rinnovo dei contratti del pubblico impiego.
Introdurre una detassazione sulla tredicesima avrebbe significato aggiungere un costo stimato intorno ai 4 miliardi di euro, cifra ritenuta insostenibile senza un aumento del deficit. Il Ministero dell’Economia ha quindi scelto di rimandare la misura, preferendo consolidare le politiche fiscali già in corso.
Il tema, però, resta sul tavolo politico. Molti osservatori ritengono che una tredicesima più leggera dal punto di vista fiscale avrebbe un effetto positivo sui consumi natalizi, stimolando la domanda interna in un periodo chiave per il commercio. Tuttavia, la prudenza di bilancio ha prevalso.
Vale la pena ricordare che il dibattito sulla detassazione non è nuovo. Già nel 2014, durante il governo Renzi, si parlava di una misura simile, poi abbandonata per mancanza di coperture. Anche nel 2023 si ipotizzò un bonus di 100 o 150 euro per i redditi sotto i 35.000 euro, ma l’idea non superò il vaglio tecnico della Ragioneria dello Stato.
Oggi la questione è di nuovo aperta e potrebbe tornare d’attualità con la riforma dell’IRPEF prevista per il 2026, che promette di ridisegnare l’intero sistema delle aliquote e delle detrazioni.

Una tassazione più pesante che penalizza i lavoratori

Uno degli aspetti più criticati riguarda la tassazione più alta della tredicesima rispetto allo stipendio mensile ordinario. Sulla mensilità aggiuntiva, infatti, non si applicano le detrazioni per lavoro dipendente né il trattamento integrativo da 100 euro (ex bonus Renzi). Il risultato è che il netto percepito è sensibilmente più basso rispetto a una normale busta paga.
Facciamo un esempio concreto: un lavoratore con stipendio lordo di 2.000 euro riceverà una tredicesima lorda dello stesso importo, ma con un netto inferiore di circa 150 o 200 euro. Il motivo è semplice: vengono applicate solo le aliquote IRPEF piene e non scattano le agevolazioni previste per i redditi da lavoro.
Questo sistema penalizza in modo particolare i lavoratori dipendenti, che si trovano a pagare più tasse proprio nel mese in cui servirebbe un aiuto in più. Non a caso, da anni i sindacati chiedono che la tredicesima venga equiparata ai premi di produttività, che oggi beneficiano di una tassazione agevolata al 10%.
Secondo le stime della UIL, una detassazione del 10% sulla tredicesima potrebbe restituire ai lavoratori fino a 200 euro netti in più, con un impatto positivo anche sui consumi. Eppure, la misura continua a essere rinviata di anno in anno, lasciando intatto un meccanismo che molti considerano iniquo e superato.
Il paradosso è evidente: la mensilità più attesa dell’anno si trasforma spesso in una delusione fiscale, con importi inferiori alle aspettative. Un fenomeno che rischia di erodere ulteriormente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni economiche e nella capacità dello Stato di intervenire a tutela dei redditi più deboli.

Cosa potrebbe cambiare dal 2026: ipotesi di flat tax o bonus mirato

Guardando al futuro, il tema della detassazione della tredicesima tornerà con forza nel 2026, quando entrerà in vigore una nuova fase della riforma fiscale. Le ipotesi allo studio al Ministero dell’Economia sono due: una flat tax agevolata sulle mensilità aggiuntive oppure un bonus mirato per i redditi medio-bassi.
La prima soluzione prevede un’aliquota ridotta tra il 5% e il 10%, che alleggerirebbe il carico fiscale e garantirebbe un aumento netto medio di 100-150 euro per ogni lavoratore. Sarebbe un modo rapido e diretto per restituire potere d’acquisto senza stravolgere l’intero sistema.
La seconda ipotesi, invece, prevede un bonus selettivo, legato all’ISEE o al reddito imponibile, destinato a chi guadagna meno di 35.000 euro l’anno. In questo caso si tratterebbe di un aiuto una tantum, finanziato con fondi specifici o con la revisione delle detrazioni fiscali esistenti.
Qualunque sarà la scelta finale, è chiaro che il tema della tredicesima detassata rappresenta un punto cruciale per il futuro della politica economica italiana. Con l’inflazione ancora oltre il 3%, i mutui in aumento e il costo della vita che non accenna a diminuire, il mese di dicembre resta una prova importante per la tenuta dei bilanci familiari.
Il Governo dovrà quindi decidere se trasformare le promesse in fatti concreti. Per il momento, però, la tredicesima 2025 resta quella di sempre: piena di tasse, priva di bonus e di agevolazioni, un appuntamento atteso ma sempre meno conveniente. E per molti italiani, sarà un Natale più caro e un po’ più difficile da affrontare.